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Storage Grid, la memoria viaggia sul Web
luglio 2010 ↓ scarica pdf archivio >>

L’elenco delle risorse del pianeta Terra consumate ogni giorno è lungo: acqua, petrolio, carta e cibo. Tanto per citarne alcune. A queste va aggiunto un nuovo elemento. Solo in apparenza immateriale. A costo “zero”. Sono i byte delle informazioni digitali, usati con altrettanta avidità ogni secondo. Parliamo delle infinte sequenze di 1/0 che ci fanno scrivere al computer, parlare col cellulare, scattare fotografie, scaricare informazioni da Internet. Il passaggio dal mondo analogico al digitale, ci ha trasformato in divoratori di byte. Il testo del Corriere che state leggendo ne impiega meno di 10 mila (10 KB), ma per ascoltare una canzone del nostro lettore Mp3 di byte ne occorrono almeno 4 milioni (4 MB). Se invece vogliamo guardare un film Blu-Ray in alta definizione abbiamo bisogno di ben 50 miliardi di byte (50 GB).

Ma dove archiviare questa Babele di informazioni? Un problema sentito da aziende e gestori di servizi, ma anche dagli utenti. Le prime ricorrono a data center distribuiti e servizi cloud, per sicurezza in caso di incidenti. I secondi, dopo aver riempito il disco del Pc e le chiavette esterne, trovano comodo archiviare film e musica sul Web. Dove ci sono siti, gratuiti e a pagamento, che a loro volta ricorrono ai data center. Il risultato finale è comunque lo stesso. Qualcuno deve gestire miliardi di informazioni casuali, non strutturate.

Una delle risposte arriva da NetApp, società della Silicon Valley guidata da Tom Georgens. Tra le maggiori aziende nel mondo dello storage, con 8 mila dipendenti in 135 paesi. L’applicazione che ha sviluppato si chiama StorageGrid. Funziona in due tempi, come un puzzle. Prima spezzetta in parti i file e li memorizza in modo sequenziale su più server. Poi, quando l’utente ha bisogno di riprenderli, li ricompone in un solo blocco. Spiega a proposito Antonia Figini, responsabile di NetApp Italia: «su grande scala la procedura è simile a quanto accade nel nostro Pc. Archiviamo documenti e li ripeschiamo quando necessario, ma non sappiamo dove risiedono. Né ci interessa». Non solo.

L’azienda di Sunnyvale sta pensando al futuro. A un nuovo processo di memorizzazione per “oggetti e immagini”. Un sistema di archiviazione sperimento da NetApp in ambiente sanitario per la refertazione delle cartelle cliniche. Consultate e modificate tra medici di diversi ospedali. «Faremo nell’ambito della gestione e ricerca dati – dice ancora Figini - quello che accade per i motori di ricerca sul web, associando i file per referenze». In un secondo tempo per immagini e comandi vocali.

Anche Hp, il colosso Usa guidato da Mark Hurd, utilizza tecnologia grid per memorizzare grandi quantità di informazioni. Dopo l’acquisizione di Snapfish, una società californiana per gestire album fotografici online (diretta concorrente di Flickr), è stato necessario predisporre l’accesso al sito per 60 milioni di utenti in 20 paesi del mondo. Gestendo oltre 5 miliardi di fotografie archiviate sul web. «Per soddisfare queste esigenze – afferma Marco Spoldi, responsabile storage di Hp Italia - abbiamo sviluppato un sistema che distribuisce i fotogrammi su più dischi di memoria, per poi recuperarli in tempo reale per ricreare gli album virtuali». Ancora una volta con operazioni del tutto trasparenti ai cybernauti.

Uno dei problemi più complessi degli archivi digitali, riguarda la duplicazioni delle informazioni (back up). Da effettuare per ragioni di sicurezza su due database situali in diverse località geografiche. Bisogna dunque disporre di sistemi che gestiscano una quantità doppia di byte, con l’aggiornamento sincronizzato dei dati. In quest’ottica Ibm ha sviluppato l’architettura Nextra, un software in grado di ridurre spazi e tempi di duplicazione. Spiega Sergio Resch, esperto di Ibm Italia: «il programma analizza milioni di file e duplica negli archivi digitali soltanto quelli che nel frattempo sono cambiati». Semplice a dire, ma complesso da fare nel caso di miliardi di byte. La soluzione è stata messa a punto da XIV, un’azienda di Tel Aviv acquisita due anni fa da Ibm e specializzata in banche dati digitali. Curioso il nome XIV. Si tratta della sigla del quattordicesimo corso nel sistema universitario israeliano. Quello di livello più alto, a cui accedono solo i migliori talenti. Ebbene sono proprio alcuni ex-studenti di questo corso ad avere creato la star-up, acquisita poi con successo da Big Blu.







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