AVATAR: Cameron svela gli effetti speciali
febbraio 2010
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Nove nomination agli Oscar di Los Angeles del prossimo 7 marzo, con un successo di pubblico e incassi che oscureranno il colossal Titanic. Parliamo di Avatar, il film James Cameron destinato a rimanere negli annali del cinema per gli oltre
3000 effetti speciali. Messi in scena per portare il fantastico mondo di Pandora e il popolo dei Na’vi sul grande schermo, con una visione panoramica in 3D stereoscopico. Un successo dovuto alle tante novità hitech di un progetto cinematografico ideato dal regista 15 anni fa. Una, però, è la più importante: per la prima volta sono stati gli stessi attori reali a dare vita agli “alter ego” virtuali. Il sistema adottato, con il primo ciac di lavorazione nel 2005, si chiama
Fpr (facial performance replacement).
La nuova tecnica, messa a punto da Cameron dà grande rilievo all’espressione facciale degli Avatar, aumentando di conseguenza il senso di partecipazione e le emozioni degli spettatori durante la visione del film. Spiega a proposito Joe Letteri direttore di
Weta Digital (azienda neozelandese di computer grafica), nonchè supervisore degli effetti speciali: «i protagonisti hanno indossato un casco equipaggiato con una sofisticata
microcamera in alta definizione, poco più grande di un microfono, posizionata a una ventina di centimetri dal volto». In questo modo è stato possibile riprendere tutti i movimenti dei muscoli facciali, catturando le espressioni del viso e i singoli movimenti delle pupille con una nitidezza e precisione mai raggiunte prima.
A questo punto è sceso in campo il software
After Effects della californiana Adobe, già usato nelle fasi iniziali della produzione per digitalizzare i disegni 2D e montare a video i singoli fotogrammi 3D, dando dinamicità e movimento alle illustrazioni statiche. «Sia nelle scene live che in quelle di postproduzione - spiega Andrea Amadeo esperto di soluzioni video di Adobe Systems Italia - After Effects è servito per verificare l'allineamento tra le azioni dal vivo e quelle realizzate in simulcam con animazione virtuale». Questo significa che in pochi minuti, dopo aver terminato una ripresa, artisti e regista erano in grado di controllare la corrispondenza grafica delle singole scene.
Invece, nei precedenti film girati in computer graphics, era utilizzata la tecnica
motion capture. Al corpo dell’attore venivano applicati alcuni sensori elettronici per rilevare i movimenti. Il sistema di registrazione catturava le coordinate reali, applicandole ai personaggi virtuali animati dal Pc. Alla fine i risultati erano realistici in termini di riproduzione dei spostamenti, ma la gestualità risultava poco fluida. Perché questa tecnica non riusciva a registrare i movimenti di muscoli facciali e occhi. E sono proprio questi a dare espressività e fornire le emozioni dei personaggi.
Fusion digital 3D camera è l’altra tecnologia innovativa sperimentata in Avatar. Si tratta di un sistema composto da una videocamera in grado di riportare le immagini tridimensionali di ogni scena direttamente sullo schermo della macchina da ripresa. In questo modo il regista poteva girare attorno agli attori, osservando nel visore digitale le scenografie di sfondi e paesaggi come se stesse guardando nell’oculare dell'obbiettivo. Di fatto Cameron si muoveva nei mondi virtuali realizzati dal computer assieme ai protagonisti.
Interessante osservare che le nuove tecnologie di ripresa e montaggio come After Effects usate nel film avranno una ricaduta anche in ambito della
ricerca scientifica. «Pensiamo ad esempio – conclude Andrea Amadeo – alle applicazioni in medicina e biologia per la creare immagini 3D, in generale nei settori dove sia richiesta un’analisi dettagliata delle immagini».