Supercomputer, la carica dei 500
luglio 2009
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I nomi sembrano uscire dalle storie di un videogame:
«Roadrunner, Jaguar, Blue Gene, Pleiades». Invece stiamo parlando dei supercomputer più potenti del mondo. Macchine da “billions dollars”, capaci di elaborare triliardi di operazioni al secondo. A loro sarà legato il destino dell’umanità, perché sono questi colossi dell’informatica a prevedere l’innalzamento della temperatura sul pianeta terra e l’andamento di emissione di CO2. Ma anche lo sviluppo di cellule “maligne” e il complesso studio del Dna. Le simulazioni sui grandi calcolatori sono parte fondamentale della ricerca scientifica: consentono di contenere costi e tempi, ma anche limitare il numero di esperimenti rischiosi.
Affrontando problemi complessi che la ricerca sperimentale non riesce a risolvere. Dunque più potenti sono i supercalcolatori (milioni di volte rispetto a un Pc domestico), più efficienti sono gli algoritmi di calcolo utilizzati. In questi giorni ad Amburgo, nel corso della “International supercomputing conference”, è stata resa nota la classifica dei
top 500.
Il primo posto spetta a Roadrunner. Il supercomputer
Ibm, sviluppato nei Los Alamos National Laboratory nel New Mexico. E’ il sistema informatico più veloce del pianeta, in grado di elaborare oltre 1600 Teraflop (triliardi di operazioni al secondo). O se preferite, come dicono gli scienziati 1,6 Petaflops. Progettato in collaborazione con il Dipartimento Usa dell’Energia, trae la sua potenza di calcolo dal lavoro collaborativo di 20 mila processori (Amd Opteron e PowerCell). Pesa 220 mila chilogrammi e per connettere tra loro tutti i componenti sono cablati 91 chilometri di fibra ottica in alta velocità.
Il Dipartimento lo utilizza per simulare l'invecchiamento dell'
arsenale nucleare, evitando così test sotterranei. Ma viene impiegato anche per attività di ricerca nel campo dell’astronomia, dell’energia, della scienza del genoma umano e dei cambiamenti climatici.
I “monster informatici” Ibm, guidata dal 2003 da Sam Palmisano, occupano tre delle prime cinque posizioni. Ed è proprio un supercomputer della serie Power 6 a portare l’Italia al 46esimo posto dei top 500. Installato al
Cineca di Casalecchio di Reno (Bologna), sviluppa una potenza di calcolo di 100 Terflops. Un sofisticato strumento informatico a disposizione degli scienziati italiani che consentirà di studiare fenomeni geofisici come i terremoti ed eruzioni vulcaniche. Ma anche analizzare le condizioni chimico/fisiche dei materiali superconduttori, cruciali per il risparmio energetico. Oppure studiare le proprietà dei plasmi, grazie ai quali sarà possibile costruire centrali di nuova generazione per la produzione di energia elettrica.
Ma una grande potenza di calcolo significa anche grandi
consumi energetici. Come spiega Sanzio Bassini, direttore del dipartimento sistemi e tecnologie del Cineca: «nel suo insieme il supercomputer richiede circa 1 Megawatt di energia elettrica per l’alimentazione, a cui bisogna aggiungerne altrettanta per il funzionamento dei sistemi di raffreddamento». A titolo di esempio consideriamo che il consumo di un appartamento è in media di 3 Kilowatt, quindi siamo in presenza di un dispendio complessivo equivalente a quello di un migliaio di appartamenti. Un piccolo paese.
Secondo gli analisti Gartner group, il consumo energetico di un centro di calcolo rappresenta una delle maggiori preoccupazioni per le aziende. Dal 2002 in poi i costi dell'elettricità sono aumentati di circa il 5,5% all'anno. Con una spesa di mezzo dollaro in energia e raffreddamento per ogni dollaro speso per l'hardware. Ecco perchè i costruttori di processori, che poi sono il cervello di calcolo dei supercomputer, stanno rivolgendo l’attenzione al risparmio energetico. Come per il nuovo
Intel Xeon 5500, che ha portato a un aumento significativo dell'efficienza energetica dei server. Spiega Dario Bucci, amministratore delegato di Intel Italia & Svizzera: «i test rivelano che per un data center che elabora 6 mila attività simultanee con server basati su Xeon 5500, è possibile un risparmio di 316 mila dollari/anno sui soli costi energetici». Un significativo passo avanti rispetto ai processori della precedente generazione.
Ecco perché una delle principali strategie adottate per ridurre il consumo energetico consiste nel sostituire i processori e le schede di calcolo dei vecchi server con nuovi sistemi ecologici. Secondo Idc, una società di analisi di settore, nelle aziende di tutto il mondo sono installati almeno
30 milioni di server. Ebbene il 40 per cento sono stati acquistati almeno quattro anni fa e progettati con processori a singola unità di calcolo (single-core). Le aziende hanno quindi l'opportunità di sostituire 12 milioni di supercomputer con sistemi basati sulla tecnologia Intel (o equivalente) di tipo dual-core.