La fabbrica lenta di Mr.Bonotto
maggio 2009
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Tradizioni e attaccamento al territorio. Una storia di quattro generazioni da cui Giovanni Bonotto attinge l’esperienza di ogni giorno. Da quando il bisnonno Luigi nel 1913 mise in piedi una bottega di cappelli realizzati con la paglia di Marostica. Poi il nonno Giovanni negli anni ’40 la trasformò in fabbrica artigianale di borse in pelle. Venne la volta di papà Luigi, l’attuale titolare della fabbrica di tessuti a Molvena sui colli vicentini, lui invece andò a scuola dai Marzotto per apprendere l’arte della tessitura. E negli anni ‘70 visse in prima persona l’esperienza di
Fluxus. Il movimento d’avanguardia (di Giorge Maciunas) che profetizzò il valore creativo di un’opera artistica come estensione della vita quotidiana.
Da questo substrato culturale è dalla forte volontà al cambiamento è nata l’idea di dare una svolta al settore tessile. In crisi economica e di identità, oggi sopraffatto dalle manifatture made in Cindia (Cina e India). Quelle a basso costo, realizzate in milioni di pezzi che invadono outlet e grande distribuzione.
Così Giovanni 42 anni, che in azienda ricopre il ruolo di direttore creativo, compra una decina di vecchi telai datati oltre mezzo secolo e mette in piedi la
“fabbrica lenta a chilometro zero”. «Una macchina automatica a controllo elettronico produce 200 metri di tessuto al giorno e un operaio ne controlla 4-5. Invece un vecchio telaio giapponese degli anni ’40 di stoffa ne produce non più di 25 metri, e per farlo “girare” occorre un operaio che chiavi e oliatore alla mano, verifichi di continuo gli ingranaggi». Così la fabbrica lenta recupera decine di operazioni artigianali compiute nel passato e il prodotto finito diventa soggetto e non un oggetto riprodotto in serie. E’ attrattivo, con una sua seduzione, perché di fatto quei 25 metri di stoffa diventano un manufatto unico.
Invece il “chilometro zero” si riferisce al fatto che
ogni singolo capo prende forma in loco. Investe l’intero comprensorio vicentino, perché la Bonotto Spa dà lavoro alla filiera delle microaziende locali. Questo lo hanno capito i vari Yves Saint Lauren e Gucci, Hermes, Vuitton e Ugo Boss, ma anche Marni e Marella tanto per citarne alcuni.
«In azienda da tempo abbiamo deciso di dire basta ai prodotti frutto di operazioni marketing e dettati dalla logica della comunicazione – continua Giovanni Bonotto – perché la saturazione del mercato sta uccidendo la credibilità del settore. Compreso il made in italy». Ecco perché a Molvena studiano già i
prodotti in biolana, una lana naturale che non fa uso di prodotti chimici nè coloranti «abbiamo depositato il marchio e vogliamo essere la risposta al cotone organico».
La ricetta della fabbrica lenta sembra funzionare visto che la Bonotto Spa (32 milioni di fatturato) in una dozzina d'anni è passata
da 70 a 250 dipendenti e complessivamente dà lavoro a un indotto 2400 persone. Perché nella fabbrica lenta l'operaio non è alienato a "strucar el boton" (schiacciare il bottone), ma si trasforma in “maestro d'arte tessitore”.