Sonus Faber, prove d'orchestra
maggio 2009
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L’attore Denzel Washington li ha voluti in una scena del “collezionista di ossa”. Mentre Sharon Stone li considera tra gli oggetti cult della sua villa hollywoodiana di Beverly Hills. A privilegiarli per l’eccellete qualità sonora sono musicisti del calibro di Uto Ughi e Salvatore Accardo. Stiamo parlando di
Sonus Faber, i diffusori acustici made in Innovation Valley, al cui confronto i blasonati prodotti della nordica Bang & Olufsen passano in secondo piano. Che si tratti di prodotti fuori dall’ordinario lo si capisce già dell’esterno della fabbrica di Arcignano. Ai piedi dei colli Berici, in provincia di Vicenza. L’edificio in legno, vetro e acciaio ricorda le forme di un violino. E’ l’anticipo dei diffusori che si producono all’interno, considerati alla stregua di strumenti musicali. Prodotti con la cura maniacale dei maestri liutai.
La convinzione è che le caratteristiche qualitative del suono dipendano dalla camera acustica, dalla sua forma e dai materiali che la costituiscono. A partire dal legno dei cabinet esterni. Rigorosamente doghe di massello e pannelli stratificati, interamente lavorati a mano. «Sono essenze di primissima qualità, soggette a lunghi trattamenti di stagionatura, perché la scelta dei legni per la costruzione delle camere acustiche influenza la timbrica - spiega
Cesare Bevilacqua, attuale presidente Sonus Faber - gli altoparlanti vengono poi alloggiati nei pannelli frontali rivestiti in pelle, per garantire tenuta pneumatica e smorzare le vibrazioni». Insomma il risultato è un “unicum” che non sarebbe lo stesso se prodotto in un’altra zona. «Perché sommiamo l’esperienza dei laccatori a mano di Rovigo, con la qualità degli artigiani del legno di Padova e Treviso e dei lavoratori di materiali preziosi del vicentino».
La storia dell’azienda inizia negli anni ’80, come hobby di
Franco Serblin, un odontotecnico grande appassionato di musica, ebanistica e liuteria. Fonda l’azienda e prende il nome Sonus Faber dal latino “suono fatto a mano”. Una sola la regola, i diffusori creati uno ad uno in modo artigianale devono seguire i dettami costruttivi di liuti e violini. Così l’azienda berica inizia a imporsi nel mondo come sinomimo di classe e altissima qualità.
Ogni anno produce 12 mila diffusori, esportati al 90% in 45 paesi del pianeta. Con la collezione Stradivari Homage si tocca il livello più alto di gamma. Chi può permettersi in salotto una coppia di questi “strumenti da musica” di colore rosso violino deve sborsare quasi
30 mila euro. E per raggiungere la massima qualità di ascolto vanno abbinati ad amplificatori valvolari e dischi rigorosamente in vinile.
Insomma, il meglio del meglio, a livello di tecnologia, di raffinatezza, di cura dei particolari e delle rifiniture. Nei diffusori Sonus Faber non c’è controllo elettronico né lavorazione automatica, tutto passa al vaglio dell’occhio, dell’orecchio e della mano dell’uomo. Una ricerca di perfezione con modelli dedicati alla scuola liutaia di Cremona, rievocati nel nome dei celebri maestri: Guarneri, Amati, Stradivari. Ma a dimostrazione che la buona musica è comunque disponibile per tutti, si può portare a casa una coppia di Toy con 780 euro. «Un diffusore entry level studiato per essere appoggiato su un mobile o all’interno di una libreria – conclude Bevilacqua – un sistema di piccoli altoparlanti per riprodurre al meglio la musica in comuni ambienti domestici». Per portasi a casa un’orchestra sinfonica.