L'Homo Zappiens di Mr.Veen
marzo 2008
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Siamo entrati nell’era dell’Homo Zappiens. La generazione cresciuta a “merendine e hitech”, che stringe tra le mani telecomando, mouse e telefonino. Hanno un’età compresa tra 10 e 18 anni. Per loro il fax appartiene all’antiquariato elettronico, come per noi il telegrafo Morse. A coniare il termine è stato Win Veen, un 61enne professore olandese dell’Univesità di Delft, a sud di Amsterdam. Il suo ambito di ricerche riguarda l’interazione tra apprendimento e tecnologia. Homo Zappiens è dunque un neologismo formato dalle parole zapping e sapiens. Dove la prima non si riferisce al modo con cui gli adulti cambiano i programmi davanti alla Tv. La tribù degli Homo Zappiens vive invece la frenesia dello zapping nel pianeta web. La caratteristica primaria della nuova specie riguarda il multitasking, cioè la capacità di gestire più azioni e informazioni contemporaneamente. Esattamente come il processore di un computer. Così un esemplare di Homo Zappiens riesce allo stesso tempo a chattare con più simili, spedire Sms senza guardare la tastiera, aprire pagine Internet a raffica. Tutto mentre con le cuffiette stereo ascolta al massimo volume musica Mp3. E poi, solo se lo reputa estremamente necessario, decide di fare qualche compito e studiare una lezione. Ma per lui la scuola tradizionale rimane semplicemente “out”.
Racconta Veen a Corriere Economia: «ho iniziato a elaborare questa teoria dieci anni fa, osservando i miei figli mentre crescevano. Mi sono reso conto che stavamo entrando in un nuovo Rinascimento, un periodo con regole di comportamento e scambio delle informazioni in continua mutazione. Guardandoli ho capito che l’apprendimento poteva arrivare anche dai videogame e surfando nel web». Da lì è scaturita l’ipotesi di una “net generation” iper-attiva che considera la scuola come luogo di incontro tra amici, una comunità in cui condividere passioni e problemi. Ma anche scambiare musica peer to peer, accettando con estrema riluttanza l’idea che si debba pagare per scaricare software e canzoni. Alla fine, nei buchi di tempo libero un Homo Zappiens può decidere di studiare o stare ad ascoltare le lezioni del professore. Ma rimane comunque allergico a lavagna, gesso e pennarelli.
«Grazie alla tecnologia, questa nuova generazione sta sviluppando abilità diverse dalle nostre. Cambiano ad esempio, le capacità di analisi quando si trovano davanti allo schermo di un computer. Un Homo Zappiens non memorizza parole e singole frasi. Ma contestualizza il contenuto a video nel suo insieme». Ecco perché, secondo la teoria del professor Veen un ragazzo della nuova generazione riconosce icone, colori, immagini e suoni. Percependo le informazioni nel loro insieme multimediale. Un approccio che gli consente di decidere con maggiore velocità la “strada” da prendere. E’ istintivo nel muovere il mouse e digitare tasti. «Questo è il motivo per cui un genitore risulta perdente quanto vuole competere per cercare informazioni in rete». Ecco perché Veen li identifica anche con il termine “screenager”: ragazzi che si muovono con indifferenza tra Lcd del computer, palmari e telefonini. E non riescono a immaginare come potevamo vivere noi adulti vent’anni fa, senza questi strumenti informatici.
Anche nell’apprendimento esiste una forte differenza con il nostro modo sequenziale di memorizzare informazioni. Le nuove generazioni non fanno zapping in modo casuale. Al contrario cambiano canali informativi secondo il principio della comunicazione visiva. Sono esperti nell’elaborare flussi di dati discontinui, estraendo quello che serve al momento giusto. Secondo Veen: «l’Homo Zappinens quando si trova davanti a un nuovo software e un videogame, diversamente dagli adulti, non si mette a leggere i manuali d’uso. Non si chiede perché. Lui guarda lo schermo e inizia a lavorare, imparerà strada facendo». Lo stesso capita mentre naviga nelle pagine Internet. Uno spazio virtuale del tutto destrutturato, in cui i vari link non sono concatenati in modo lineare. E sono proprio queste informazioni che l’Homo Zappiens assimila più velocemente di quanto non faccia quando legge un libro. Oppure assiste a una lezione frontale in cui il docente cerca di trasmette informazioni con la parola.
La visione del professore olandese si spinge fino all’anno 2020, quando a loro volta gli Homo Zappiens avranno una famiglia e diventeranno genitori. «Allora l’apprendimento non passerà più dalla scuola tradizionale – conclude Veen - ma piuttosto dall’insieme di interazioni personali. La conoscenza scaturirà da esperienze collaborative». Saranno cyberstudenti a cui non vengono fornite nozioni uguali per tutti e grazie al web non diventeranno fruitori passivi di nozioni e contenuti. Il professore immagina una scuola alla Wikipedia dove: «ognuno metterà a disposizione del network il proprio sapere».